giovedì 26 aprile 2007

Stage Awards - Quarta e Quinta candidatura

Due nuove categorie per gli Stage Awards, la carrellata di discutubili offerte di stage regalata dalla Rete che se non fossero vere risulterebbero esilaranti.

Premio “non voglio mica la luna, ma il sole e le stelle sì":
“L'obietivo dello stage sarà quello di ideare e realizzare il sito web dedicato alle soluzioni di Business TV e ai servizi di comunicazione video multimediale. Assieme al candidato/a si progetterà la comunicazione e la realizzazione del sito web aziendale e il materiale informativo necessario per mostrare al meglio la piattaforma. Si intendono realizzare contenuti video e presentazioni multimediali per comunicare le potenzialità della soluzione. Il candidato si occuperà quindi di studiare una soluzione di comunicazione integrata realizzando: - un concept progettuale - i contenuti - la sezione del sito web. Cerchiamo un junior designer con conoscenza dei principali applicativi software per la realizzazione di un sito web fortemente caratterizzato da contenuti multimediali”.
Motivazione: “Per aver cercato di affibbiare a uno stagista un lavoro degno di un senior, individuando l'“obietivo” dello stage (gratuito) non nella formazione del candidato, ma nell'interesse dell'agenzia”. In quest'ottica abbiamo deciso di conferire a quest'annuncio anche il premio “Faccia di bronzo”.

And the last but not the least (mi sbilancio, è la mia preferita)...


Premio “resistenza allo stress (anche per leggere l'annuncio)”, “l'aspetto è tutto”, “tanto non vi paghiamo” e “lo stage è formativo perché vi allettiamo con la carotina dell'assunzione”:
Società di servizi per la comunicazione, seleziona nr. 1 stagista di sesso femminile. La risorsa si occuperà dello smistamento della corrispondenza in entrata, filtrerà le telefonate che perverranno in sede, affiancherà la responsabile Hostess-Promoters nella selezione, contatto risorse umane e nella gestione dei contratti e dei clienti, svolgerà mansioni di back-office e di supporto attivo nella gestione di grossi eventi aziendali e non. Si richiedono: spiccate doti dialettiche, ottime doti organizzative ottima conoscenza e padronanza PC, pacchetto office, posta elettronica, internet buona predisposizione alle relazioni interpersonali flessibilità negli orari lavorativi capacità di lavorare in team resistenza allo stress gradita l’ottima conoscenza lingua inglese parlata e scritta almeno diploma scuola superiore automunita età dai 20 – 25 anni serietà e riservatezza dinamicità no perditempo. Lo stage avrà la durata dai 3 al 6 mesi, con possibilità di assunzione, pertanto trattasi di stage formativo. Non sono previsti rimborsi spese. Si prega di inviare Curriculum Vitae corredati di foto. I Curriculum sprovvisti di foto non verranno presi in considerazione.
Motivazione: “per aver prospettato al candidato un inferno gratuito, dove i suoi nervi saranno messi a dura prova; per aver contraddetto qualsiasi normativa (per quanto vaga) relativa agli stage, che diventano formativi non per la presenza di un tutor che segue lo studente, ma per la vaga prospettiva di un'assunzione; per aver indicato la fotografia, e quindi l'aspetto, come il requisito fondamentale ai fini della valutazione del candidato, anche se non si prospetta un impiego come top model; per non aver neppure previsto un rimborso spese, per aver invitato i perditempo ad astenersi quando i perditempo non rispondono a simili offerte, ma le scrivono; per non essersi neppure scusati coi lettori e soprattutto, con i disoccupati, per una simile offerta”.

L'organizzazione degli Stage Awards sentitamente ringrazia l'agenzia per una simile perla, e si congeda dal suo pubblico in attesa di trovare altre inserzioni della medesima caratura. L'augurio è quindi di non realizzare nuove edizioni a breve.

Nel frattempo Votate, Votate, Votate!!

mercoledì 25 aprile 2007

Stage Awards - Seconda e Terza candidatura

Nuovo appuntamento con gli Stage Awards, il concorso che premia la più assurda e degradante offerta di "lavoro" gentilmente offerta dalla Rete. A seguire le due prestigiosissime categorie in gara oggi.

Premio faccia di bronzo:
Cercasi grafico/commerciale massimo 28 anni, capace di lavorare autonomamente su programmi quali: PhotoShop, CorelDraw e conoscenze minime di DreamWeaver. Gradita bella presenza e buone capacità dialettiche, automunito. Specificare la preferenza tra part-time e full-time.

Motivazione: “per aver richiesto tra le righe esperienza pregressa in un'offerta di stage che dovrebbe rappresentare (in un mondo perfetto) un primo timido approccio dei giovani al mondo del lavoro”


Premio “gentil concessione”:
1) Showroom ricerca una/o stagista anche alle sue prime esperienze lavorative per periodo campagna vendita con mansione di assistente di showroom.

2) Grafica/o anche prima esperienza con conoscenza di Photoshop, Illustrator, Freehand, InDesign, con grande passione, creatività, tecnica e determinazione.

Motivazione: “per aver precisato che lo stagista può “anche” essere alla sua prima esperienza" Candidati di 26 anni con esperienza decennale saranno però di certo preferiti...

domenica 22 aprile 2007

Stage Awards - prima candidatura

Inauguriamo oggi una nuova sezione, gli Stage Awards - le "migliori" offerte di stage regalate dalla Rete.
Eccovi la prima candidatura, con la rispettiva motivazione:

Premio “chi più ne ha più ne metta”:
Agenzia di Comunicazione richiede ragazzi per Stage come Copywriter - Graphic Designer - Art Director - Assistant Account (lingue ING FRA TED scritto e parlato) - Programmatori Web - Web Designer.
Motivazione: “per essere riusciti, con una sola inserzione, a rifarsi gratuitamente l'intero personale dell'agenzia”.
Ricordiamo che, nel rispetto della normativa, l'agenzia dovrebbe avere almeno 30 dipendenti per rispettare il rapporto 1 stagista ogni 5 dipendenti.

Al via le votazioni!

giovedì 19 aprile 2007

Usi e abusi di un mezzo formativo/3

Proseguendo nell’analisi del decreto e delle successive modifiche, balza all’occhio un altro articolo, non solo glissato furbescamente, ma talvolta infranto in maniera clamorosa. I datori di lavoro possono ospitare tirocinanti in relazione all'attività dell'azienda, nel limiti di seguito indicati:

a. aziende con non più di cinque dipendenti a tempo indeterminato, un tirocinante;

b. con un numero di dipendenti a tempo indeterminato compreso tra sei e diciannove, non più di due tirocinanti contemporaneamente,

c. con più di venti dipendenti a tempo indeterminato, tirocinanti in misura non superiore al dieci per cento dei suddetti dipendenti contemporaneamente.

Quante volte ci è capitato di osservare aziende popolate di stagisti ben oltre i limiti consentiti dalla legge? E come mai nessun organo di controllo impedisce situazioni di questo tipo?

Scorrendo gli articoli del decreto non compare mai alcun riferimento a possibili assunzioni al termine dello stage, assenza giustificata se consideriamo il tirocinio come un puro momento formativo, e non un abuso teso a sostituire “legalmente” l’apprendistato, pagato e svolto in piena ottica assunzione. Le frequenti formule “possibile inserimento al termine dello stage” poste a mo’ di specchietti per le allodole in coda a molti annunci, sono così il più delle volte postille fuorvianti, non necessarie per legge e tese unicamente a ingolosire il candidato a caccia di uno straccio di certezza post-tirocinio. Le aziende che realmente assumono stagisti sono in effetti pochissime.

Che fare, dunque? La legge dovrebbe essere più chiara in molti punti e in particolare nel limitare lo stage al periodo universitario o ai mesi immediatamente successivi alla laurea (in quel caso con un rimborso obbligatorio), onde evitare la sistematica sostituzione dell’apprendistato. Da parte nostra, possiamo decidere se farci prendere in giro o rifiutare, anche dolorosamente, offerte in apparenza interessanti, in nome di una serie di diritti che lo stage applicato selvaggiamente calpesta senza pudore. Come abbiamo visto, la gratuità dello stage, alla luce dello spirito originario della legge, è assolutamente condivisibile. Non lo è allo stato dei fatti. Boicottare dunque gli stage non retribuiti potrebbe essere il primo passo verso lo scardinamento di un sistema viziato dalle interpretazioni furbette. Perché, in fin dei conti, il lavoro deve pagare. Sempre.

mercoledì 18 aprile 2007

Usi e abusi di un mezzo formativo/2

Peccato che una norma nel complesso condivisibile finisca per fare al caso delle aziende, grandi o piccole che siano, in cerca di tappabuchi per ruoli assai eterogenei che, in mancanza d’altro, costituirebbero un’uscita in termini di denaro. Niente di meglio di uno stagista da “formare” per riempire questi tasselli, talvolta neppure marginali, a costo zero o quasi.

E a proposito di formazione, i tirocini sono svolti sulla base di apposite convenzioni stipulate tra i soggetti promotori e i datori di lavoro pubblici e privati. Alla convenzione, che può riguardare più tirocini, deve essere allegato un progetto formativo e di orientamento per ciascun tirocinio, contenente:

a. obiettivi e modalità di svolgimento del tirocinio assicurando, per gli studenti raccordo con i percorsi formativi svolti presso le strutture di provenienza;

b. i nominativi del tutore incaricato dal soggetto promotore e del responsabile aziendale;

c. gli estremi identificativi delle assicurazioni di cui all'articolo 3;

d. la durata ed il periodo di svolgimento dei tirocinio;

e. il settore aziendale di inserimento.

Insomma, una sorta di programma di formazione che l’azienda sarebbe tenuta a rispettare nel corso del tirocinio. In realtà, con l’eccezione di vaghi riferimenti a doveri e tutele (solo di carattere assicurativo) dello stagista, questi punti vengono di rado riportati nero su bianco, con inevitabile smarrimento del soggetto in questione, spesso totalmente ignaro dei compiti che lo attendono e delle finalità stesse dello stage.

Continua


martedì 17 aprile 2007

Usi e abusi di un mezzo formativo/1

Si sarà forse intesa la generale idiosincrasia di chi cura questo blog nei confronti dell’istituzione-stage e, in particolare, del suo specioso innesto nel tessuto socio-economico italiano. Come dire, a noi italioti piace farlo diverso, sempre e comunque… Le lamentele degli stagisti vertono su punti sostanzialmente comuni, dalla totale mancanza di formazione all’assegnazione di compiti degradanti, passando per rimborsi talvolta inesistenti. Di fronte a situazioni limite sempre più diffuse, il desiderio di vederci chiaro passa necessariamente attraverso un’analisi dei testi normativi, quelli, per intenderci, che dovrebbero guidare con mano salda un’applicazione pratica. Come spesso accade, però, la legge risulta lacunosa e, quel che è peggio, passibile di numerose interpretazioni, utilizzate manco a dirlo dalle aziende per imboccare facili quanto economiche scappatoie.

Nato come anticamera del lavoro, da attivare soprattutto a studi universitari non ancora terminati, il tirocinio pratico, o stage (pronunciato alla francese, mi raccomando!), doveva essere nelle intenzioni dei promulgatori una sorta di cuscinetto formativo tra studi e lavoro e non una sostituzione del classico, e pagato, periodo di apprendistato. In base al decreto n.142 del 25 marzo 1998, emanato dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro nell'ambito dei processi formativi e di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, sono promossi tirocini formativi e di orientamento a favore di soggetti che abbiano già assolto l'obbligo scolastico ai sensi della legge 31 dicembre 1962, n. 859.” Chiaro, no? Trattasi esclusivamente di vere e proprie “scuole di lavoro”, per molti aspetti addirittura auspicabili in un sistema scolastico troppo spesso slegato dall’effettiva realtà del mondo lavorativo. La totale mancanza di riferimenti a rimborsi spese va dunque letta in questo senso. Siamo mai stati pagati per andare a scuola? No, semmai il contrario…

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domenica 15 aprile 2007

Il futuro sta altrove...

Delo, in “I giovani non hanno voglia di lavorare!”, ci ha regalato un commento estremamente significativo che abbiamo ritenuto degno della homepage. Lo riportiamo nella sua interezza:
“Giovani. niente di peggio che sentirsi definire così.. quando ti senti addosso novantanni. Giovani: dovremmo avere il mondo fra le mani, il futuro la progettualità tutto fra le nostre dita. e invece siamo figure anonime che si trascinano in silenzio in una vita precaria. Non si tratta solo di lavoro. Ci stiamo spegnendo, schiacciati dai nonsense quotidiani. Non tutti . Ovvio. c'è chi vive e sorride tra suonerie unghie colorate e me ne fotto. E c'è chi si sente un burattino scomodo, manovrato da un sistema che andrebbe resettato. Anch'io vorrei un altra vita. Vorrei un lavoro ben pagato, vorrei legalità, vorrei rispetto. Vorrei non essere sempre così. Ho voglia di ridere anch'io. Precario significa solo una cosa: impossibilità di progettare. Non arrivo oltre la prossima settimana. Facciamoci sentire. Non ne abbiamo tante di scelte. Facciamoci sentire. Cazzo siamo davvero tanti”.
Non posso che concordare pienamente. È una credenza radicata che i giovani debbano essere espressione di vitalità e speranza nel futuro. Certo, se non ce l’hanno loro che hanno ancora tutta la vita davanti e, si presume, ancora tutte le illusioni intatte! Beh, è tempo di riflettere su questo: i giovani non credono e non sperano più. Chiunque sia il colpevole, dev’essere soddisfatto: l’impresa sembrava irrealizzabile. Una mia amica, che a breve festeggerà il “fidanzamento d’argento”, mi ha a sorpresa comunicato che ha cambiato i suoi programmi e rimanderà a data da destinarsi il suo matrimonio: “sai, guadagniamo poco e siamo precari, come potremmo mantenerci?”. Gran bella domanda. Penso che se la pongano tantissime persone. Ci sono troppe incognite nella vita di ciascuno. Troppe variabili non controllabili. Che ora il lavoro diventi una di queste è davvero troppo. Rimandare i propri progetti di vita (sposarsi, avere dei figli, comprarsi una casa o un’auto, pianificare un futuro luminoso e senza nubi di angoscia o incertezza all’orizzonte) non per propri demeriti ma a causa di un sistema che cerca il vantaggio di pochi a scapito della stabilità di tanti è inammissibile. Delo ha riportato il problema lavorativo su un piano più profondo, interiore. Non ci stanno solo togliendo il lavoro “stabile”. Ci stanno togliendo la voglia di programmare e di fare progetti, soprattutto a lungo termine. C’è chi si arrabatta come può, cercando di ignorare la gravità della situazione (alcuni ci riescono benissimo), e chi cerca invece di uscire dalle sabbie mobili, facendosi sfuggire il presente continuamente proteso com’è verso l’agognato traguardo del “futuro migliore”, almeno in parte controllabile e in suo potere. Forse è tempo di renderci conto che ci stanno rubando la vita. Forse è davvero tempo di dire "basta". Ma nessun "anziano" potrebbe mai lottare per cause perse o per obiettivi apparentemente irraggiungibili. Quindi, a dispetto di tutto, ricordiamoci che siamo giovani. Riappropriamoci dei nostri sogni e dei nostri programmi. E, anche se ormai è fuori moda, ricominciamo a pensare che il futuro è nelle nostre mani. Forse le cose cambieranno. Io lo spero. Già "sperare" è un passo avanti...

sabato 14 aprile 2007

I giovani non hanno voglia di lavorare!

A volte penso che l'udito sia un senso traditore e ribelle. La vista, al suo confronto, è un cagnolino adorante: non disubbidisce, si lascia indirizzare senza opporsi. L'udito no. Lui coglie ogni suoni, ogni stimolo, anche il più molesto o il più fastidioso. Che lo si voglia o meno. Per liberarsene non basta volgere il viso. E così, quando si viaggia sui mezzi pubblici, a contatto con dei perfetti estranei di cui si perde il ricordo appena si arriva a destinazione, capita di ascoltare davvero di tutto. Anche discorsi irritanti. Ieri, durante un viaggio in treno è successo: quattro signore, che non avevano neppure la scusante dell'età avanzata, si lamentavano dei giovani. “Non hanno voglia di lavorare, passano le giornate davanti alla televisione, e poi non si capisce perché il mondo va a rotoli”. In questi casi Dante docet: “non ti curar di loro ma guarda e passa”. Certo, ma le allegre comari mi hanno fatto riflettere su una credenza diffusa, che non mi sento neppure di condannare: che il lavoro c'è e che i disoccupati sono tali per loro colpa. Ho passato mesi e mesi a spedire cv ad agenzie e aziende, convinta che una laurea presa “in corso” e col massimo dei voti, unita a 3 anni di esperienza lavorativa contasse qualcosa. Balle! Meglio così: se avessi saputo cosa mi aspettava avrei trascorso molti altri anni nella bambagia universitaria. “Non è possibile che tu non trovi lavoro” mi ripeteva mia madre “non lo stai cercando davvero!”. E mi ricordava che bisogna accontentarsi, che la gavetta è dura per tutti, che mi sono trasferita perché dalle mie parti non c'era lavoro e che sono scema a pagare un affitto in una città carissima per fare la disoccupata. Giustissimo. Arriva finalmente uno stage. Uno stage, non un lavoro. Lo preciso perché le due cose sono, nella mia concezione reazionaria che mal si adatta all'attuale normativa, ben distinte: si lavora per guadagnare, altrimenti è volontariato. Arriviamo alla descrizione del tanto agognato stage: 8 ore al giorno di “stagismo” degradante e non pagato. Prospettive nessuna, dal momento che l'agenzia non assumeva; compenso nessuno, ma dovevo prendermi il pranzo al bar e pagarmi i mezzi. Morale della favola: anche mia madre ha rivisitato tutte le sue credenze e mi ha detto di lasciar perdere. Quando la realtà supera l'immaginazione. E le quattro allegre comari viaggiatrici? Beh, magari avranno conosciuto qualche giovane che passa la giornata davanti alla televisione (ma c'è ancora chi la guarda?); ma forse qualcuno avrebbe dovuto spiegare loro che, visto come vanno le cose, è più remunerativo stare a casa in pantofole che cedere a uno stage gratuito e senza speranze...

venerdì 13 aprile 2007

Du iu spich inglisc?


Capita sempre più spesso di imbattersi, tra giornali e TV, in diffusi piagnistei ad opera di selezionatori e umanità varia circa l’approssimativa forma assunta da molti curricula inviati alle aziende. Banali errori di battitura accompagnati a clamorosi svarioni grammaticali, il tutto magari ammantato da un layout non proprio da curriculum europeo, sono a detta degli zelanti HR un motivo in più per cestinare le speranze dei poveri e ignoranti candidati. Tutto comprensibilissimo, per carità, ma perché non gettare uno sguardo anche dall’altra parte della barricata, in quella terra di nessuno dove scimmie ammaestrate, evidentemente rinchiuse in scantinati poco aerati, elaborano annunci di lavoro degni di una galleria degli orrori? Cornuti e mazziati, i disoccupati in cerca di un futuro appena decente sono così costretti a leggere vere e proprie gemme di microcomicità involontaria. La perla della settimana, pescata dal calderone di Infojobs ed elaborata da Vedior (complimenti…), ci viene segnalata da Ceci:

Ricerchiamo per azienda operante nell’editoria un grafico che abbia acquisito almeno 3 anni di esperienza nel settore. Il candidato si occuperà di impaginazione giornali, deve possedere buona conoscenza dei seguenti mezzi operativi: makintosc, fotoshop, illustrator, indesine. Si offre un contratto di un anno. Zona di lavoro: Milano sud

Certo, perché allora non richiedere anche Uindous, Fairfox o Pauerpoint? Macchè Pauerpoint, meglio tutto il pacchetto Offis…

giovedì 12 aprile 2007

Siamo tutti occupati...

Finalmente l’ho scoperto! Da mesi un dilemma mi tormentava: com’è che i mezzi d’informazione continuano a sostenere che il tasso di disoccupazione sta calando mentre io e molta gente che mi circonda continuiamo purtroppo a essere totalmente o parzialmente a spasso? La risposta mi è arrivata del tutto inaspettata, mentre seguivo il nuovo programma di Fabio Volo, “Italo francese”. Un componente dell’Isfol (istituto per la formazione dei lavoratori) ha spiegato che il nostro beneamato tasso di disoccupazione sta davvero calando, perché basta fare dei lavoretti saltuari per venir conteggiati tra gli occupati. Il motivo è presto detto: il mercato del lavoro è cambiato, ma gli indicatori presi per calcolare la reale situazione non sono stati al passo. E così un part-time, orizzontale o verticale che sia, è sufficiente per uscire dalla triste cerchia dei disoccupati, ma non altrettanto sufficiente ad arrivare a fine mese. Finalmente mi sono tolta un dubbio. Mi sento arricchita. Ma una domanda mi è rimasta: chi fa uno stage è occupato o inoccupato? Per esperienza diretta non ho dubbi sulla sostanza. Lo stagista fa spesso un lavoro notevole, non sempre di qualità inferiore agli stipendiati ma di certo più degradante: si trova infatti a svolgere tutte le attività che il “boss” non si sognerebbe mai, anche per istinto di preservazione, di appioppare ai dipendenti, oltre al lavoro per cui è stato preso (dal fare il caffè alle fotocopie). Alla faccia dei programmi televisivi che li presentano come ragazzini scemi e nullafacenti, alla ricerca di crediti formativi per facoltà di dubbio valore. Lo stage, come chi c’è passato può dire, è un “lavoro”: ci si fa il “mazzo” e si produce ricchezza per l’azienda. Ma in realtà tu non conti nulla, visto che tu, “vero giovane” (come direbbe Bisio in “Alfonso 2000”), sei lì per imparare, non per venir spremuto come un limone; e se non stai al gioco ci sono altre centinaia di tuoi coetanei pronti a diventare succo di frutta al posto tuo. Ok, è la gavetta. Ma visto che io vi porto un utile, datemi almeno un rimborso spese; e se chiedete esperienza&autonomia è ovvio che si tratterà di un lavoro vero e proprio, senza “periodi di prova” (retaggio medioevale limitato a chi ha anni d’esperienza da far valere) o apprendistati (ci sono ancora, ma perché usarli quando impongono uno stipendio a norma di legge?). Dopo questa lunga digressione, ritorno al mio quesito: gli stage sono delle forme di occupazione? Perché se così fosse potremmo vantarci all’estero del nostro elevatissimo livello sociale e benessere economico: calcolando che in linea di massima sono gratuiti o a rimborso spese, si potrebbero considerare come “occupazione” anche gli hobby, per non parlare del volontariato... e allora tra stagisti, appassionati di calcetto, cinema, pittura, bricolage, briscola, bocce, ecc. il tasso di disoccupazione italiano sarebbe prossimo allo 0. Insomma, moriremo ancora di fame, ma almeno terremo alto l'orgoglio nazionale!

martedì 10 aprile 2007

Stage? Meglio il volontariato...

Ieri sera, guardando le Iene, mi è venuto lo spunto per questo nuovo post. Non guardo molto la televisione. Mi limito a pochi programmi accuratamente selezionati, tre o quattro in tutto. Le Iene è tra questi. Non aspettatevi una riflessione particolarmente impegnata su usura, politica, razzismo, truffe o altro: non è il mio obiettivo e non ritengo neppure questo il luogo giusto (né io la persona più adeguata a farlo). Non cercate di cavar sangue da una rapa. Invece, come al solito, parlerò delle mie convinzioni, e di come queste si rivelino sempre più inadeguate. Di fronte a stage gratuiti mi sono sempre detta: “a queste condizioni piuttosto vado a fare volontariato... pagata per non pagata, almeno faccio qualcosa in cui credo senza arricchire le aziende”. Tanto per cambiare mi sbagliavo. Ieri sera grazie alle Iene ho scoperto che i volontari hanno un rimborso spese (nel caso in esame di 40 euro al giorno). Motivazione: non si può pretendere che i ragazzi passino la giornata a fare raccolta fondi gratuitamente. La realtà ha dato una nuova stoccata alle mie poche certezze. Vi annuncio quindi ufficialmente che da oggi non guarderò più le offerte di stage (da buona neolaureata il lavoro non lo posso ambire neanche in sogno); terrò al contrario le orecchie ben tese cercando di captare qualsiasi segnale di ricerche di volontari in corso. Non mi aspetto di guadagnare 4500 euro al mese come i “volontari” smascherati nel servizio televisivo; non ho abbastanza pelo sullo stomaco. Ma di sicuro potrò aspirare a uno stipendio più alto di molti stage: d’altro canto, è impossibile non superare agevolmente la soglia degli 0 euro...

venerdì 6 aprile 2007

Somministrato

Oggi mi sento somministrato. Lo so, non è come alzarsi la mattina frastornato e sudato dopo un’inattesa scopata, nervoso o semplicemente fuori posto. Un po’ d’acqua fredda, la pasta del capitano per togliersi il saporaccio di bocca, un paio di mutande pulite e la giacca buona comprata in saldo bastano e avanzano per tamponare quelle sensazioni. Ma oggi no, oggi sono somministrato e il mio organismo si ritrova basito, spiazzato da un’euforia paradossa che ancora non riesce a palesarsi in tutta la sua avvilente realtà. Ma che cazzo sarò mai? Una medicina? Una supposta, come quelle zeppelin che da piccoli, complice l’altisonante nome aeronautico, pensavamo volassero? No, oggi comincio il mio lavoro in libreria. Da somministrato, appunto. Così mi ha detto il figuro dell’agenzia interinale, sorriso alla vaselina perennemente dentro l’happy hour. “La sua soddisfazione è il nostro miglior premio!” Dove avrò già sentito questa frase? Di sicuro la cosa non mi rende più tranquillo. Certo, abbandono per ben due settimane più eventuali proroghe il rutilante mondo della disoccupazione, prontamente agguantato dopo la laurea in letterechetantononcicombininulla. Massì, chi se ne frega? Almeno, stando a quanto mi suggerisce l’omuncolo, un laureato in materie umanistiche non può che trovare nella libreria il proprio ideale terreno di coltura. Un amante dei libri tra i libri, suggeritore garbato per una clientela attenta e scrupolosa.

Eccomi, allora, camicia ben stirata, pantaloni immacolati e sorriso smagliante, pronto per il mio primo giorno di lavoro somministrato presso un punto vendita di una delle più grandi case editrici del nostro Radioso Paese. Baci e abbracci, si comincia in scioltezza, cassa, magazzino, magazzino, cassa, magazzino, magazzino, magazzino… Passano i giorni, le settimane, arrivano le agognate proroghe. Via la camicia, ecco comparire la divisa rosso fuoco d’ordinanza, con cartellino ben in vista sennò poi il direttore si incazza. Qualcosa non mi torna… Laureato, lettere, libri, contatto col pubblico, cultura umanistica… E intanto io vedo sempre e solo magazzino, più un viavai di saltimbanchi e lacché al seguito di un vetrinista omosessuale che pretende di disporre i libri per colore. Colori sgargianti, eh, che oggi mi sento pazza! I clienti non ci si raccapezzano più e vanno a scovare Dostoevskij in Giardinaggio giurando di aver visto Sandrone Dazieri gironzolare dubbioso tra la narrativa per bambini… Io e gli altri somministrati cerchiamo umilmente di far valere le nostre ragioni di fini umanisti, libri tra i libri, ma la deriva da boutique di gran classe ha ormai preso il sopravvento. Che ci fate qui voialtri? Dietro ad aprire scatoloni, e datevi una mossa! Il somministrato non capisce bene il proprio ruolo e in preda a una totale crisi di identità (ma non ero una supposta? A me pare tanto di essere un coglione, adesso…) si confida, gravissimo errore, con mister Vaselina, untuoso e accondiscendente più che mai. “Ma si figuri, questo lavoro è fatto su misura per lei, vedrà, vedrà che le cose miglioreranno sensibilmente.” Ma le cose non migliorano e il signor Nastro Adesivo se la ride con miss Taglierina, mia inseparabile collega. Mi giro e un somministrato laureato in filosofia, poveraccio, si perde dietro gli scaffali, fagocitato da un enorme scatolone. Non lo ritroveranno più…

Nel frattempo il signor Happy Hour si è fatto un bel giro di telefonate con la direzione del personale della casa editrice. Nel settore 7G un somministrato ha mostrato segni di insofferenza per le mansioni assegnategli. “Vedi, carissimo, le alte sfere sono sinceramente preoccupate per la tua incipiente depressione. Ne va del clima dell’Azienda, dell’amore che cerchiamo ogni giorno di diffondere a colpi di fatturato, sorrisi e colori. Rimettiti, somministrato, così alla fine della trecentotrentaseiesima proroga potremo ancora gioiosamente prorogarti.” Che faccio? Per la restante settimana di contratto abbandono l’ultimo straccio di dignità e mi metto totalmente al servizio dell’Azienda, talmente immerso nel Lavorodellamiavita da uscirci la sera con Taglierina e Nastro Adesivo, ormai compagni di bevute e aneddotica triste. Tutto inutile. Il Grande Capo ha ormai bollato per sempre il somministrato ribelle e la proroga non arriva. Motivo? Per mesi mi sono comportato malissimo coi clienti, non ho mai sorriso (ma se avevo una paresi che manco Renato Balestra...) e mi sono fatto scrupolosamente i cazzi miei. E io che pensavo mi volessero cacciare per le blande lamentele su mansioni non previste dal contratto! Che sciocchino! No, mi cacciano perché un ologramma deve aver commesso queste nefandezze in mia assenza… Me ne vado, non sono più somministrabile. Ah, qualcuno deve avermi somministrato un corpo estraneo per via rettale… Brucia…

giovedì 5 aprile 2007

Libertà di opinione fa rima con ritorsione

Le aziende hanno il coltello dalla parte del manico. Non è una novità. Ma che arrivino a limitare la libertà di opinione con lo spauracchio delle ritorsioni è davvero troppo. Ne sa qualcosa il Mucchio Selvaggio, che dopo aver dato spazio a un'inchiesta relativa alle condizioni di lavoro all’interno degli 89 punti vendita Feltrinelli, si è visto annullare senza spiegazioni le presentazioni di alcune pubblicazioni della casa editrice, in programma il 4 aprile a Milano e il 10 a Roma. Insomma, se c'è diffamazione si ricorre agli avvocati; se c'è informazione si opta per altre strade, ugualmente punitive.

mercoledì 4 aprile 2007

Aiutaci a chiudere...

Benvenuto a te, giovane internauta. Se dopo lungo peregrinare virtuale hai al fin raggiunto questi lidi, ragazzo, lasciatelo dire, non te la stai passando troppo bene.
Questo è il nostro primo post. “Nostro” non per la boria che ci spinge a usare un plurale majestatis, ma perché siamo in due: due giornalisti che oltre alla passione per la scrittura hanno in comune anche la speranza che la situazione lavorativa della nostra generazione migliori presto. Già, perché come te, come molti altri sventurati, siamo sospesi in quel limbo flessibile che ci viene spacciato per Nuovo Mondo del Lavoro, un mondo talmente mitizzato da essere diventato quasi irraggiungibile, novello Eldorado dei tempi nostri. Non sperare di trovare conforto dai tuoi amici all'estero: si tratta di una peculiarità tutta italiana. Ti accorgerai che questo non è un blog come tutti gli altri, a partire dalla sua durata: noi lo apriamo infatti con l'intenzione di chiuderlo appena la nostra speranza verrà realizzata, quindi il prima possibile. Ma nel frattempo proponiamo uno spazio libero, aperto agli sfoghi e alle riflessioni di tutti coloro che, come noi, sono stanchi di passare di stage in stage, di collaborazione in collaborazione, senza riuscire a trovare una qualche coerenza o linearità nella propria vita lavorativa; e, cosa ancor peggiore, senza certezze per il futuro. Un fiore seccato prima di sbocciare. Se il precariato sta affamando e disilludendo una generazione, forse è tempo che quella generazione, anche col sorriso, faccia sentire la sua voce. Se il lavoro non è tutto nella vita, figuriamoci stage e disoccupazione...