giovedì 12 aprile 2007

Siamo tutti occupati...

Finalmente l’ho scoperto! Da mesi un dilemma mi tormentava: com’è che i mezzi d’informazione continuano a sostenere che il tasso di disoccupazione sta calando mentre io e molta gente che mi circonda continuiamo purtroppo a essere totalmente o parzialmente a spasso? La risposta mi è arrivata del tutto inaspettata, mentre seguivo il nuovo programma di Fabio Volo, “Italo francese”. Un componente dell’Isfol (istituto per la formazione dei lavoratori) ha spiegato che il nostro beneamato tasso di disoccupazione sta davvero calando, perché basta fare dei lavoretti saltuari per venir conteggiati tra gli occupati. Il motivo è presto detto: il mercato del lavoro è cambiato, ma gli indicatori presi per calcolare la reale situazione non sono stati al passo. E così un part-time, orizzontale o verticale che sia, è sufficiente per uscire dalla triste cerchia dei disoccupati, ma non altrettanto sufficiente ad arrivare a fine mese. Finalmente mi sono tolta un dubbio. Mi sento arricchita. Ma una domanda mi è rimasta: chi fa uno stage è occupato o inoccupato? Per esperienza diretta non ho dubbi sulla sostanza. Lo stagista fa spesso un lavoro notevole, non sempre di qualità inferiore agli stipendiati ma di certo più degradante: si trova infatti a svolgere tutte le attività che il “boss” non si sognerebbe mai, anche per istinto di preservazione, di appioppare ai dipendenti, oltre al lavoro per cui è stato preso (dal fare il caffè alle fotocopie). Alla faccia dei programmi televisivi che li presentano come ragazzini scemi e nullafacenti, alla ricerca di crediti formativi per facoltà di dubbio valore. Lo stage, come chi c’è passato può dire, è un “lavoro”: ci si fa il “mazzo” e si produce ricchezza per l’azienda. Ma in realtà tu non conti nulla, visto che tu, “vero giovane” (come direbbe Bisio in “Alfonso 2000”), sei lì per imparare, non per venir spremuto come un limone; e se non stai al gioco ci sono altre centinaia di tuoi coetanei pronti a diventare succo di frutta al posto tuo. Ok, è la gavetta. Ma visto che io vi porto un utile, datemi almeno un rimborso spese; e se chiedete esperienza&autonomia è ovvio che si tratterà di un lavoro vero e proprio, senza “periodi di prova” (retaggio medioevale limitato a chi ha anni d’esperienza da far valere) o apprendistati (ci sono ancora, ma perché usarli quando impongono uno stipendio a norma di legge?). Dopo questa lunga digressione, ritorno al mio quesito: gli stage sono delle forme di occupazione? Perché se così fosse potremmo vantarci all’estero del nostro elevatissimo livello sociale e benessere economico: calcolando che in linea di massima sono gratuiti o a rimborso spese, si potrebbero considerare come “occupazione” anche gli hobby, per non parlare del volontariato... e allora tra stagisti, appassionati di calcetto, cinema, pittura, bricolage, briscola, bocce, ecc. il tasso di disoccupazione italiano sarebbe prossimo allo 0. Insomma, moriremo ancora di fame, ma almeno terremo alto l'orgoglio nazionale!

2 Commenti:

Alle 14 aprile 2007 alle ore 14:43 , Anonymous Anonimo ha detto...

... mi chiedo...Attorno a me non sento parlare d'altro che di licenziamenti collettivi in ex gloriose aziende vendute e rivendute (uno lo sto subendo), contro i quali, NESSUNO è tutelato (neanche chi è in maternità!)... Dove finiscono le centinaia di licenziati? In che statistica scompaiono? Se, dopo anni, perdo un lavoro a tempo indeterminato e ne trovo uno (se ne trovo) a progetto o chissà che altro... aumento la percentuale di occupati? In una statistica non cambia nulla? E se con una laurea in lettere, da tecnico in un'azienda informatica, passo, pur di far mangiare i miei bimbi, a un'impresa di pulizie? Vado ad alimentare le liste di occupati?

 
Alle 14 aprile 2007 alle ore 15:42 , Anonymous Anonimo ha detto...

Temo proprio di sì... è il problema degli indicatori "ammuffiti"

 

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