giovedì 19 aprile 2007

Usi e abusi di un mezzo formativo/3

Proseguendo nell’analisi del decreto e delle successive modifiche, balza all’occhio un altro articolo, non solo glissato furbescamente, ma talvolta infranto in maniera clamorosa. I datori di lavoro possono ospitare tirocinanti in relazione all'attività dell'azienda, nel limiti di seguito indicati:

a. aziende con non più di cinque dipendenti a tempo indeterminato, un tirocinante;

b. con un numero di dipendenti a tempo indeterminato compreso tra sei e diciannove, non più di due tirocinanti contemporaneamente,

c. con più di venti dipendenti a tempo indeterminato, tirocinanti in misura non superiore al dieci per cento dei suddetti dipendenti contemporaneamente.

Quante volte ci è capitato di osservare aziende popolate di stagisti ben oltre i limiti consentiti dalla legge? E come mai nessun organo di controllo impedisce situazioni di questo tipo?

Scorrendo gli articoli del decreto non compare mai alcun riferimento a possibili assunzioni al termine dello stage, assenza giustificata se consideriamo il tirocinio come un puro momento formativo, e non un abuso teso a sostituire “legalmente” l’apprendistato, pagato e svolto in piena ottica assunzione. Le frequenti formule “possibile inserimento al termine dello stage” poste a mo’ di specchietti per le allodole in coda a molti annunci, sono così il più delle volte postille fuorvianti, non necessarie per legge e tese unicamente a ingolosire il candidato a caccia di uno straccio di certezza post-tirocinio. Le aziende che realmente assumono stagisti sono in effetti pochissime.

Che fare, dunque? La legge dovrebbe essere più chiara in molti punti e in particolare nel limitare lo stage al periodo universitario o ai mesi immediatamente successivi alla laurea (in quel caso con un rimborso obbligatorio), onde evitare la sistematica sostituzione dell’apprendistato. Da parte nostra, possiamo decidere se farci prendere in giro o rifiutare, anche dolorosamente, offerte in apparenza interessanti, in nome di una serie di diritti che lo stage applicato selvaggiamente calpesta senza pudore. Come abbiamo visto, la gratuità dello stage, alla luce dello spirito originario della legge, è assolutamente condivisibile. Non lo è allo stato dei fatti. Boicottare dunque gli stage non retribuiti potrebbe essere il primo passo verso lo scardinamento di un sistema viziato dalle interpretazioni furbette. Perché, in fin dei conti, il lavoro deve pagare. Sempre.

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